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Cronotachigrafo e tempi di riposo

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Spettabile redazione, pochi giorni fa abbiamo effettuato un controllo nei confronti di un autotrasportatore conto terzi. In una stessa giornata solare risultavano 12 ore di guida e 15 di impegno. Avendo fatto il corso sul controllo del cronotachigrafo e dalla lettura del Regolamento 561/2006, un autista dovrebbe fare al massimo nove o dieci ore di guida per due volte in una settimana lavorativa. L’autista si è difeso sostenendo che i due periodi di guida non si dovevano sommare perché erano intervallati dal periodo riposo di 11 ore da lui effettuato. Dopo aver sentito anche i colleghi della Polizia Stradale non abbiamo emesso il provvedimento sanzionatorio. Vorrei delucidazioni sull’argomento per comprendere nell’aspetto operativo la correttezza o meno di una strisciata cronotachigrafica così configurata.

È corretto un disco cronotachigrafo che riporti più di nove ore di guida, a condizione che tra i due periodi di guida sia stato effettuato un periodo di riposo ridotto o completo.
È questo un argomento da approfondire, in quanto anche gli organi accertatori più preparati cadono nell’errore di non interpretare in modo corretto le disposizioni del Regolamento 561/2006. L’assunto in questione è dimostrabile secondo una puntuale ricostruzione oggettiva delle definizioni fornite dal Regolamento citato. A tal riguardo, al fine di dimostrare la congruità dell’assunto in questione, si ritiene opportuno partire dalla lettura di alcune definizioni presenti nel Regolamento:

– “periodo di riposo giornaliero”: il periodo giornaliero durante il quale il conducente può disporre liberamente del suo tempo e comprende sia il “periodo di riposo giornaliero regolare” sia il “periodo di riposo giornaliero ridotto”;
– “periodo di riposo giornaliero regolare”: ogni tempo di riposo ininterrotto di almeno 11 ore. In alternativa, il riposo giornaliero regolare può essere preso in due periodi, il primo dei quali deve essere di almeno tre ore senza interruzione e il secondo di almeno nove ore senza interruzione;
– “periodo di riposo giornaliero ridotto”: ogni tempo di riposo ininterrotto di almeno nove ore, ma inferiore a 11 ore;
– “periodo di guida giornaliero”: il periodo complessivo di guida tra il termine di un periodo di riposo giornaliero e l’inizio del periodo di riposo giornaliero seguente o tra un periodo di riposo giornaliero e un periodo di riposo settimanale;
– “periodo di guida”: il periodo complessivo di guida che intercorre tra il momento in cui un conducente comincia a guidare dopo un periodo di riposo o un’interruzione fino al periodo di riposo o interruzione successivi. Il periodo di guida può essere ininterrotto o frammentato.

Il comma 2 dell’articolo 8 del citato regolamento, in particolare, precisa che “i conducenti devono aver effettuato un nuovo periodo di riposo giornaliero nell’arco di 24 ore dal termine del precedente periodo di riposo giornaliero o settimanale”. Appare evidente come alla luce delle definizioni di cui sopra e di quanto stabilito al comma 2, nel disco deve emergere necessariamente un periodo di riposo effettuato nelle 24 ore di disco cronotachigrafo e non anche un massimo di nove ore lavorative effettuate nella stesso periodo. Tra l’altro, considerato che la fine di un turno lavorativo si conclude necessariamente con il periodo di riposo effettuato, nulla osta all’autotrasportatore iniziare un nuovo turno lavorativo anche se questo verrà registrato sul disco cronotachigrafo, dal quale si evinceranno inevitabilmente due turni lavorativi con l’eventuale e inevitabile superamento delle nove ore lavorativa. Tale condizione è ammissibile solo quando i due periodi lavorativi siano intervallati da un turno di riposo regolare o ridotto. In tal caso, il disco non è oggetto di alcuna sanzione ai sensi dell’art. 174 del Codice della strada.

Telecamere non omologate, sanzioni illegittime

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Spettabile redazione, il nostro Comando sta effettuando un’attività di controllo sui titoli assicurativi validi delle autovetture circolanti previo l’utilizzo di telecamere di sorveglianza. Nel verbale di contestazione ex art. 193 viene richiamata, come modalità di accertamento e motivazione della mancata contestazione immediata, la visione del veicolo privo del titolo assicurativo per il tramite delle telecamere di video sorveglianza. Volevamo sapere se tale procedura operativa risulti legittima.

Con riferimento al quesito posto, si precisa che la contestazione differita delle violazioni previste dagli articoli 80 e 193, accertate con i dispositivi elettronici in commercio, non è mai possibile perché tali apparecchi non risultano aver ottenuto l’omologazione o l’approvazione specifica per il rilevamento di queste violazioni da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Pertanto, nei casi di impossibilità della contestazione immediata, l’utilizzo dei dispositivi, che sono collegati con la banca dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, serve solo per segnalare la presenza di un veicolo in circolazione stradale che potrebbe non essere in regola con la revisione o con l’assicurazione. L’apparecchio, pertanto, non accerta la violazione e, quindi, il dispositivo costituisce un semplice “supporto” per l’operatore, che avrà accertato direttamente il transito del veicolo, cioè l’effettiva circolazione dello stesso e che sarà altresì colui che dovrà accertare le violazioni in parola come di seguito indicato.

L’art. 200, comma 1 del Codice della strada stabilisce che “Fuori dei casi di cui all’articolo 201, comma 1-bis, la violazione, quando è possibile, deve essere immediatamente contestata tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta”.

L’art. 201, comma 1, del Cds, invece, stabilisce che “qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale (…) deve indicare i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata”. E il successivo comma 1-bis recita: “Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non è necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 1 (…)”. Nel medesimo comma, in particolare la lettera g-bis) riporta: “accertamento delle violazioni di cui agli articoli 80, 141, 143, commi 11 e 12, 146, 167, 170, 171, 193, 213 e 214, per mezzo di appositi dispositivi o apparecchiature di rilevamento”.

Il comma 1-quater precisa che “in occasione della rilevazione delle violazioni di cui al comma 1-bis, lettera g-bis), non è necessaria la presenza degli organi di polizia stradale qualora l’accertamento avvenga mediante dispositivi o apparecchiature che sono stati omologati ovvero approvati per il funzionamento in modo completamente automatico (…) omissis (…)”.

Dalla lettura del combinato delle disposizioni normative di cui sopra, appare evidente che l’eventuale infrazione di cui all’art. 193 del Codice della strada possa essere accertata in modalità automatica, con la possibilità della contestazione differita, solamente previa l’utilizzo di un dispositivo, come precedentemente precisato, omologato ovvero approvato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Allo stato attuale non risulta approvato, ovvero omologato, alcun dispositivo funzionante in modalità automatica per l’accertamento della omessa revisione del veicolo circolante.

Inoltre, come conseguenza logica, non appare neppure regolare l’adozione della procedura adottata ai sensi dell’art. 180 del Codice della strada, che al comma 8, prevede: “Chiunque senza giustificato motivo non ottempera all’invito dell’autorità di presentarsi, entro il termine stabilito nell’invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell’accertamento delle violazioni amministrative previste dal presente codice, (…). Omissis (…)”, in quanto, proprio per l’assenza di dispositivi automatici approvati come sopra accennato è possibile accertare la violazione di cui all’art. 80, comma 14, solo ed esclusivamente attuando la procedura di accertamento con contestazione immediata, procedura questa necessaria per poi, a seconda delle situazioni, applicare l’iter dell’art. 180, comma 8, sopra citato.

La medesima linea interpretativa è stata confermata dal ministero dell’Interno con la circolare n. 300/A/4684/20/127/9 del 3 luglio 2020, con la quale ha precisato che la contestazione della violazione prevista dall’art. 193 per la mancanza della copertura assicurativa segnalata dall’apparecchiatura elettronica, non potendo essere utilizzata direttamente per la contestazione differita perché tale dispositivo non è omologato o approvato per l’accertamento dì questa violazione, qualora non sia stato possibile procedere alla contestazione immediata verificando materialmente i documenti in possesso del conducente, per l’accertamento della violazione si dovrà esperire un riscontro attraverso le banche dati delle compagnie assicuratrici e, quindi, procedere alla accertamento dell’illecito in questione ai sensi dell’art. 200, riportando nel testo del verbale le motivazioni per la mancata contestazione immediata (ad esempio, gli agenti stavano contestando un’analoga infrazione, non è stato possibile procedere all’arresto del veicolo per la velocità sostenuta ovvero per le caratteristiche geometriche della strada etc.). Ovviamente la contestazione deve essere rilevata dall’organo accertatore presente sulla strada e non da remoto con l’utilizzo di dispositivi non omologati ovvero approvati.
Quanto sopra precisato, ovviamente, si applica anche nei casi di accertamento ex articolo 80, comma 14, del Codice della strada (veicolo con revisione scaduta).

Sbarra ad altezza ridotta, facciamo chiarezza

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Siamo un comando di Polizia Locale e vorremmo avere alcune precisazioni sull’utilizzo dei dissuasori di transito, le barriere altimetriche. Abbiamo letto alcuni articoli sull’argomento nei quali ne viene sconsigliato l’uso. Poiché il sindaco e l’amministrazione comunale ne hanno richiesto l’utilizzo all’entrata dei parcheggi pubblici, principalmente per evitare l’accesso alle autocaravan, prima di installarle vorremo sapere se siano legittime.

Impedire fisicamente la circolazione delle autocaravan e dei veicoli di altezza similare, emanando ordinanze per far installare all’ingresso di una strada o di un parcheggio una sbarra ad altezza ridotta dal suolo appare illegittimo in assenza di altezze inferiori lungo la strada e/o il parcheggio che ne giustifichino tecnicamente l’installazione.
L’installazione di una sbarra ad altezza ridotta dal suolo, infatti, è suscettibile, oltre che di limitare la circolazione, anche, eventualmente, di compromettere la sicurezza stradale (si pensi al caso tipico di un’autovettura che trasporti sulla parte superiore una bicicletta), nonché di impedire e/o limitare la circolazione dei veicoli preposti agli interventi di emergenza quali ambulanze, veicoli dei Vigili del fuoco, veicoli della Protezione civile etc. Questo dispositivo non può essere neppure considerato dissuasore di sosta come definito dall’art. 180 del Regolamento di esecuzione, essendo lo stesso un dispositivo di sicurezza (come previsto dalla circolare n. 1357 del 7 maggio 1985 sulla segnaletica afferente i passaggi a livello su linee elettrificate ed i cavalcavia ferroviari) da utilizzare dove la presenza di ostacoli al di sopra della carreggiata rende necessario, in posizione anticipata, impedire il transito (e non la sosta) di veicoli alti per evitare che restino incastrati o non possano manovrare per tornare indietro. L’assenza di tale condizione preliminare non ne giustifica l’adozione come dissuasore di sosta. Si conferma, inoltre, che l’installazione di barre limitatrici non è prevista da alcuna norma giuridica. In aggiunta, il segnale di cui all’art. 118, c. 1, lett. b) del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della Strada (Dpr 16 dicembre 1992 n. 495) deve essere apposto solo se l’altezza ammissibile lungo la strada sia realmente inferiore all’altezza limite dei veicoli come definita dall’art. 61 del Codice della strada. Inoltre, l’installazione di manufatti per rendere fisicamente operative le prescrizioni adottate con ordinanze non solo non è una pratica legittima, ma andrebbe a snaturare l’efficacia precettiva della segnaletica. Appare evidente come tali sbarre limitatrici possano costituire una vera e propria insidia stradale e l’eventuale mancata rimozione delle stesse comporterebbe una responsabilità diretta da parte del Comune ai sensi degli artt. 2043 e 2051 del Codice civile. Pertanto, eventuali responsabilità, civili e penali, derivanti da una eventuale attività omissiva, ricadono sul Comune inadempiente, che potrebbe essere chiamato a risponderne dall’autorità giudiziaria competente, nonché alla Corte dei conti, qualora si dovesse configurare l’ipotesi di danno erariale. È utile ricordare, infine, che i provvedimenti emanati concernenti la regolamentazione della circolazione e sosta delle autocaravan devono essere predisposti, pena l’illegittimità dei medesimi, in ottemperanza alle disposizioni contenute nell’art. 185 del Codice della strada, nella direttiva n. 777 del 27 aprile 2006, del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, nonché nella nota prot. n. 31543 del 2 aprile 2007. Alla luce di quanto detto, dunque, si sconsiglia l’utilizzo per i motivi esposti nel quesito.

Cronotachigrafo manomesso?

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Spettabile redazione, il nostro Comando effettua da diversi mesi l’attività di controllo sull’autotrasporto di merci e persone. In occasione di un recente controllo, è emersa la mancanza della gabbia di contenimento della cavetteria e il relativo sigillo nella parte posteriore del sistema di controllo dei tempi di guida del conducente (cronotachigrafo). Questa mancanza può essere considerata un tentativo o una manomissione vera e propria del cronotachigrafo?

Quando si abbia fondato motivo di ritenere che il tachigrafo sia alterato, manomesso o, comunque, non funzionante, come è noto, gli organi di Polizia Stradale, anche scortando il veicolo o facendolo trainare in condizioni di sicurezza presso la più vicina officina autorizzata per l’installazione o riparazione, possono disporre che sia effettuato l’accertamento della funzionalità del dispositivo stesso (art. 179, comma 6-bis del Codice della strada). Le spese per l’accertamento e il ripristino della funzionalità del tachigrafo sono in ogni caso a carico del proprietario del veicolo o del titolare della licenza o dell’autorizzazione al trasporto di cose o di persone in solido.
Per quanto riguarda la mancanza della gabbia di contenimento della cavetteria e il relativo sigillo nella parte posteriore del sistema di controllo dei tempi di guida del conducente, si fa presente come il Servizio di Polizia Stradale del ministero dell’Interno, con la circolare n. 300/A/11949/10/111/20/3 del 2 settembre 2010, aveva inizialmente reso noto quanto segue:

“A seguito delle segnalazioni pervenute dalle autorità francesi, sono stati disposti approfondimenti della disciplina normativa, riscontrando che la presenza del sigillo nella parte posteriore del tachigrafo digitale, apposto in Italia dalle officine autorizzate al montaggio e alla riparazione/revisione del tachigrafo digitale e controllato ordinariamente dalle pattuglie su strada, non risulta tra i sigilli di cui al Regolamento CE 1360/2002 impone l’apposizione. Infatti, la prescrizione tecnica del requisito 251 del citato Regolamento, richiede la presenza del sigillo su qualsiasi raccordo che, se fosse disinserito, causerebbe modifiche o perdite di dati non rilevabili. Tuttavia, il tachigrafo digitale per sue specifiche tecniche, è in grado di rilevare qualsiasi disconnessione dei connettori presenti nella parte posteriore e di queste disconnessioni ne tiene traccia evidenziando data e ora dell’evento e durata della disconnessione – che si può rilevare dalla lettura della stampa – Pertanto non è necessaria la presenza di un sigillo che garantisca dalla disconnessione fraudolenta della cavetteria e, dunque, della gabbia predetta”.

Secondo il ministero delle Infrastrutture, sentito al riguardo, l’apposizione di sigilli nella parte posteriore, effettivamente è richiesta in Italia sulla base delle disposizioni dell’art. 10 del Decreto legge 6 febbraio 1987, n. 16, convertito in legge 30 marzo 1987, n. 132, che, seppure emanato in relazione a disposizioni sul tachigrafo ora modificate dai più recenti regolamenti comunitari, e riferite all’epoca al tachigrafo analogico, è tuttora per tale parte ancora vigente.
Alla luce di quanto sopra, si evince che tale obbligo è attualmente vigente in Italia solo per i veicoli italiani che in sede di revisione periodica debbono esibire l’attestazione di avvenuta revisione annuale del tachigrafo da parte delle officine autorizzate che, a garanzia che non siano state effettuate manomissioni successive, appongono sigilli sui tachigrafi anche nella parte posteriore. Appare, invece, evidente come, per le ragioni sopra illustrate, la disciplina più rigorosa prevista dalle disposizioni nazionali ai fini della revisione annuale dei veicoli industriali, non possa essere applicata ai trasportatori di altri paesi comunitari. Si precisa, infine, che resta obbligatorio, sia per i veicoli italiani che per quelli comunitari, il sigillo posizionato nella parte frontale del tachigrafo digitale.
Con la circolare n. 0178628 del 30 novembre 2010, successivamente, lo stesso ministero ha fornito ulteriori istruzioni circa la corretta applicazione dei sigilli sugli apparati tachigrafici analogici e digitali, precisando che, alla luce del succedersi nel tempo di regolamenti comunitari specifici per questi ultimi, anche per i veicoli commerciali italiani muniti di tachigrafo digitale in circolazione in Italia non vige alcuna prescrizione circa la presenza di sigilli e gabbie di contenimento della cavetteria posta nella parte posteriore del tachigrafo digitale.
Pertanto, gli organi di controllo a oggi devono astenersi sempre dai controlli sulle apparecchiature tachigrafiche digitali nella parte posteriore essendo oggetto di controllo solo la presenza del sigillo nella parte anteriore nonché la presenza del marchio di omologazione dell’apparecchiatura.

Dossi su strada principale, sì o no?

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Si chiede se sia possibile utilizzare i dossi rallentatori su strade principali di collegamento nel centro abitato. Si ringrazia anticipatamente per la risposta.

I dossi rallentatori non possono essere realizzati sulla viabilità principale, che ha il fine di garantire la massima fluidità possibile ai movimenti veicolari.
Per quanto concerne la loro installazione, deve rispettare le prescrizioni dell’art. 179, cc. 4, 5, 6, 7 e 9 del Regolamento di esecuzione e di attuazione (Dpr n. 495/1992). Trattandosi di segnaletica complementare ex art. 42, c. 2 del Codice, si rende, dunque, necessaria l’emanazione di apposita ordinanza motivata ai sensi dell’art. 5, c. 3. In ogni caso, è consigliabile provvedere a istituire e a delimitare, ai sensi dell’art. 135, c. 12 del Regolamento, opportune zone residenziali, che devono comprendere unicamente strade urbane locali, sulle quali non è ammessa la circolazione dei mezzi di trasporto pubblico collettivo, e la cui funzione preminente è soddisfare le esigenze dei pedoni e della sosta veicolare.
Le particolari regole di circolazione potrebbero consistere, ad esempio, nella imposizione del limite di velocità di 30 km/h, con l’istituzione di una zona a velocità limitata ai sensi dell’art. 135, c. 14 del Regolamento. Si ritiene utile, infine, allegare un estratto del capitolo 5 “Attraversamenti pedonali colorati o rialzamenti” della “II Direttiva sulla corretta e uniforme applicazione delle norme del Codice della strada in materia di segnaletica e criteri per l’installazione e la manutenzione”, emanata il 27 aprile 2006 con prot. n. 777.

I social aiutano contro i furti di biciclette a Milano

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È anche grazie alla segnalazione fatta alla pagina Facebook curata dalla Polizia locale di Milano, con informazioni utili per recuperare le bici rubate, che nei giorni scorsi gli agenti hanno ritrovato una rock-rider bianca, restituita al legittimo proprietario.

La bicicletta – rubata alcune settimane fa – apparteneva a un ragazzo di 13 anni e la segnalazione alla Polizia Locale tramite Facebook è stata fatta dal papà.

La pagina sul social di Meta, si legge nella descrizione, “nasce per la condivisione di tutti i veicoli ritrovati al fine di restituirne il più possibile, non è sponsorizzata, ma di pubblica utilità”.

A Catania vasta attività contro l’abusivismo

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Numerosi interventi sono stati eseguiti dalla Polizia Locale di Catania, lo scorso fine settimana, in una vasta azione di repressione dell’abusivismo commerciale e di sanzioni per le violazioni del Codice della strada e delle norme ambientali.

In dettaglio, come viene riportato in una nota diffusa sul sito del Comune, il reparto commerciale è intervenuto con diverse pattuglie e ha effettuato sequestri di prodotti alimentari, abbigliamento e prodotti per la casa. La Polizia Commerciale, inoltre, ha elevato nove verbali amministrativi e operato sei sequestri di merce di vario tipo per violazioni su sede fissa e per commercio ambulante irregolare.

Per quanto concerne le violazioni del regolare conferimento dei rifiuti, il reparto di Polizia Ambientale, in varie zone della città, ha elevato venti verbali amministrativi e anche redatto tre informative per la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catania.

Oltre a quella ordinaria, nel fine settimana la Polizia Locale ha svolto anche attività per reprimere le violazioni al Codice della strada: il reparto Viabilità ha elevato in totale quasi settanta verbali in varie zone della città.

In Italia quasi 92 milioni di spostamenti al giorno  

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Continua la tendenza positiva della domanda di mobilità per quasi tutte le modalità di trasporto che, nel quarto trimestre del 2023, registra una crescita rispetto all’analogo periodo del 2022, con aumenti compresi tra l’1% e il 15%. A renderlo noto il report trimestrale dell’Osservatorio sulle tendenze di mobilità predisposto dalla Struttura Tecnica di Missione (STM) del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT).

Confrontando i dati a consuntivo del 2023 con quelli degli anni precedenti, emerge come a oggi quasi tutte le modalità di trasporto abbiano pressoché recuperato i livelli di domanda prepandemici. La rilevazione riporta le analisi trimestrali sulle tendenze di mobilità, realizzate al fine di monitorare l’evoluzione e le esigenze del settore dei trasporti e della logistica.

Con riferimento alle abitudini di mobilità si rileva come, a dicembre 2023, gli italiani che si sono spostati ogni giorno sono stati circa 36,5 milioni (oltre il 72% della popolazione di riferimento), ciascuno dei quali ha effettuato mediamente circa 2,5 spostamenti al giorno per un totale di quasi 92 milioni di spostamenti.

Nei giorni feriali ci si sposta leggermente di più di quelli festivi (+11%) e con un maggior numero di spostamenti medi pro-capite (+4%).

La maggior parte degli spostamenti è di natura locale. La percentuale di utenti medi/giorno che si spostano entro i 50 km è circa il 75% del totale. Tali dati nascondono tuttavia una eterogeneità sul territorio nazionale. Ad esempio, la percentuale di popolazione mobile varia da valori prossimi al 70% in Liguria, Puglia, Sicilia e Sardegna a valori intorno all’80% in Marche, Umbria, Abruzzo e Molise e pari a circa il 75% per le altre Regioni.

La Polizia Locale denuncia un pirata della strada

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La Polizia Locale di Carpi ha denunciato all’autorità giudiziaria una persona per i reati di omissione di soccorso, fuga dopo sinistro stradale e lesioni volontarie: l’uomo è accusato di aver investito un ciclista – rimasto per qualche metro sul cofano prima di rovinare al suolo – senza fermarsi e prestare aiuto. La persona investita è stata accompagnata in ospedale, ma per fortuna le ferite non erano gravi.

Secondo una nota pubblicata sul sito del comune, “gli agenti sono risaliti al veicolo quindi al conducente grazie a un’attività d’indagine che ha potuto contare sulla preziosa collaborazione di alcuni testimoni, oltre che sul controllo delle videocamere di sicurezza del sistema comunale. L’auto, di grossa cilindrata, è stata identificata appunto con l’ausilio delle immagini, e si è rivelata essere un veicolo a noleggio, quindi per risalire al guidatore la Polizia Locale ha dovuto rivolgersi alla ditta per ricostruire che l’avesse in uso al momento dell’incidente. Infine il deferimento alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Modena per omissione di soccorso, fuga e lesioni volontarie”.

Foto dal sito di promozione e turismo del Comune di Carpi.

Rifiuta l’alcol test dopo incidente: ritirata la patente

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È finito con l’automobile contro un impianto semaforico. Fermato dalla Polizia locale di Modena, si è sottratto all’accertamento. Posizione aggravata dal sinistro in orario notturno.

Ha abbattuto un impianto semaforico con la sua auto, ma quando la pattuglia della Polizia locale di Modena è arrivata sul posto per rilevare l’incidente ha rifiutato di sottoporsi all’alcol test.

L’episodio è riportato in una nota stampa pubblicata sul sito del Comune. Al conducente, che ha perso il controllo del mezzo finendo contro un semaforo, sono state rilevate diverse infrazioni stradali “e soprattutto, essendosi rifiutato di sottoporsi agli accertamenti previsti dalla legge, gli è stata contestato l’articolo 186 nella fascia più grave prevista dal Codice della Strada. L’incidente è avvenuto poco prima della mezzanotte e non ha coinvolto altri veicoli né persone”.

L’automobilista è stato denunciato per guida in stato di ebrezza, la patente di guida gli è stata immediatamente ritirata dagli agenti della Polizia locale e l’automobile, di proprietà, è stata posta sotto sequestro.

“Sarà l’Autorità giudiziaria a decidere in quale misura applicare la sanzione penale: un’ammenda (da 1.500 a 6.000 euro) e ulteriori sanzioni accessorie, la detrazione di 10 punti e la sospensione del documento di guida per un periodo da sei mesi a due anni. Come previsto dal Codice della strada, la posizione del guidatore risulta aggravata sia per la responsabilità del sinistro sia per l’ora in cui è accaduto, ovvero durante la fascia notturna (dalle 22 alle 7)”, si legge ancora nella nota.

Nella foto un particolare del Duomo di Modena.