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A Roma in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

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Oggi si celebra la XXIX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera.

A Roma associazioni, scuole, realtà sociali, enti locali insieme “in un percorso di continuo cambiamento dei nostri territori, nel segno del noi, nel segno di Libera”, si legge sul sito. “Il 21 marzo è Memoria, memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie. Persone, rese vittime dalla violenza mafiosa, che rappresentano storie, scelte e impegno. Lo stesso impegno che viene portato avanti dalle centinaia di familiari che camminano con Libera e che ne costituiscono il nucleo più profondo ed essenziale, nella continua ricerca di verità e giustizia”.

La Giornata è riconosciuta ufficialmente dallo Stato, attraverso la legge n. 20 dell’8 marzo 2017.

Qui il programma.

Foto sito di Libera.

Strade cittadine: sono tutte pubbliche?

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Mi trovo in una situazione curiosa. Davo per scontato che le strade cittadine fossero tutte comunali, invece ho scoperto che alcune, seppure a tutti gli effetti strade a uso pubblico, risultano a catasto terreni privati seminativi anche se ormai presenti da più di mezzo secolo. Come e chi deve ovviare a tale anomalia e come fare in modo attivare tale procedura di regolarizzazione? Ringrazio per la cortese attenzione. Saluti.

Le strade esterne all’abitato e destinate prevalentemente al servizio dell’agricoltura, sono definite “vicinali” (cfr. A.M. SANDULLI, Manuale di Diritto Amministrativo, Novene, Napoli, II, pag.813). Esse vengono formate mediante conferimento di suolo dai vari proprietari, dando luogo a una comunione per la quale il godimento non è iure servitutis, ma iure proprietatis, in quanto tutti gli utilizzatori hanno contribuito alla loro apertura. Le porzioni di suolo conferito, pertanto, non restano nella proprietà individuale di ciascuno dei proprietari conferenti, ma danno luogo alla formazione di un nuovo bene, oggetto di comunione e goduto da tutti in base a un comune diritto di proprietà. La materia è attualmente regolata dalla Legge 20 marzo 1865 n. 2248, dal Decreto Legislativo Luogotenenziale 1° settembre 1918 n. 1446 e dalla Legge 12 febbraio 1958 n. 126. Ai sensi della Legge 20 marzo 1865 n. 2248 allegato F, la riparazione e la conservazione delle strade vicinali è a carico degli utenti; il municipio può essere tenuto a concorrere alle spese per le strade vicinali più importanti (art. 51).

Le strade vicinali, sempre di proprietà privata, possono essere soggette a uso privato o pubblico; devono ritenersi strade vicinali soggette a uso pubblico le vie agrarie che, originariamente di natura privata, siano state successivamente aperte al pubblico transito, anche se non classificate come tali e non inserite nell’elenco delle strade pubbliche. L’uso pubblico, infatti, non può essere affermato solo sulla base dell’iscrizione della strada nell’elenco formato dalla pubblica amministrazione delle vie gravate di uso pubblico, in quanto lo stesso non ha natura costitutiva, ma meramente dichiarativa.

Affinché una strada vicinale possa considerarsi di uso pubblico devono sussistere:

1) Il passaggio esercitato a seguito di costituzione di servitù pubblica da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale, quale ad esempio un comune o una frazione;

2) la concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di pubblico interesse quale, ad esempio, il collegamento con la pubblica via;

3) un titolo valido a sorreggere l’affermazione di uso pubblico.  

Si conferma che le strade vicinali aperte al pubblico passaggio, ancorché private e non inserite nell’elenco delle strade pubbliche, sono da considerarsi a tutti gli effetti ad uso pubblico, e pertanto, ai sensi dell’art. 37 c. 1 lett. c) del vigente Codice della Strada (DLg n. 285/1992), e secondo la definizione di cui all’art. 2 c. 5 lett. D), ultimo periodo, del medesimo, al Comune spetta l’apposizione e la manutenzione della relativa segnaletica. (f.d.)

La Polizia Locale arresta due persone per tentato furto di veicolo

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A Torino, durante un controllo ordinario del territorio, gli agenti di una pattuglia del Reparto Informativo Sicurezza Integrazione della Polizia Locale hanno posto due uomini in stato d’arresto per furto aggravato.

Secondo una nota diffusa sul sito del Comune, gli agenti hanno notato movimenti sospetti di persone intorno ad alcuni veicoli parcheggiati in una strada cittadina. Si sono avvicinati e hanno constatato che uno dei due individui stava forzando la portiera di un veicolo, mentre l’altro era salito a bordo di un’altra vettura. “A quel punto sono intervenuti fermando subito quello a bordo del veicolo e, dopo un breve inseguimento, anche l’altro che nel frattempo aveva tentato di darsi alla fuga”.

Portati al Comando per gli accertamenti di rito, i due sono stati posti in stato d’arresto per furto aggravato su disposizione del Pubblico Ministero di turno e successivamente trasferiti nella Casa Circondariale Lorusso e Cutugno. “Il procedimento penale si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari, pertanto vige la presunzione di non colpevolezza dell’indagato, sino alla sentenza definitiva”.

Sequestrati prodotti alimentari trasportati senza rispettare la “catena del freddo”

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Nei giorni scorsi il personale appartenente alla Squadra Nord della Polizia Locale di Padova, nel corso della normale attività di polizia stradale, ha proceduto al controllo di un autocarro. Gli operatori hanno accertato che il conducente, cittadino di nazionalità straniera, regolarmente residente in Italia, stava effettuando il trasporto di sostanze alimentari (che riportavano in  etichetta l’obbligo di conservazione a temperatura -18°), non in regime di temperatura controllata, visto che il veicolo era privo del refrigeratore.

Insieme al personale tecnico del Servizio Veterinario della locale Unità Sanitaria, chiamato a intervenire per le questioni di propria competenza, sono stati sequestrati 444 kg di generi alimentari costituiti da formaggi freschi, yogurt, latte fresco e carne confezionata.

Il conducente, sulla base degli accertamenti compiuti dalla pattuglia, è risultato recidivo, essendo incorso nella medesima violazione nel 2019, accertamento anche allora effettuato dalla Polizia Locale di Padova.

Cantiere edile privo di autorizzazioni, interviene la PL

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Gli agenti della Polizia Locale del Comando Territoriale VIII e i tecnici del Servizio Vigilanza Edilizia del Comune di Torino, hanno effettuato nei giorni scorsi un sopralluogo ispettivo in un cantiere nella zona precollinare della città, dove hanno accertato la realizzazione in corso d’opera di una costruzione interrata in cemento armato con sviluppo planimetrico di 70 metri quadri non compresa nel permesso di costruire rilasciato dal Comune.

La notizia è riportata in una nota stampa siglata (e.b.).

“Trattandosi di un manufatto abusivo ubicato in un’area  soggetta a vincolo paesaggistico ambientale privo anche del progetto strutturale – si legge –, gli ufficiali della Polizia Locale lo hanno posto sotto sequestro giudiziario preventivo,  mentre gli ispettori del Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (S.Pre.S.A.L.), intervenuti per criticità relative alla sicurezza dei luoghi di lavoro, hanno rilevato gravi rischi per i lavoratori inerenti pericoli di caduta dall’alto, folgorazione e seppellimento e di conseguenza hanno disposto l’immediata sospensione di tutte le lavorazioni relative alla parte restante del cantiere non interessata dal sequestro. Gli stessi ispettori dello S.Pre.SA.L. hanno rilevato altre gravi mancanze documentali, tra cui l’assenza della Notifica Preliminare agli Enti preposti, la mancanza della nomina del Coordinatore della Sicurezza in fase di Esecuzione e la redazione dei Piani Operativi di Sicurezza dell’impresa. Tutte le violazioni riscontrate in materia di edilizia e urbanistica, nonché di sicurezza nei luoghi di lavoro, saranno denunciate all’Autorità Giudiziaria”.

Nella foto una vista di Torino, con la Mole Antonelliana

Truffa con il gioco delle tre carte

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Ricordate il vecchio refrain “carta vince, carta perde”? Era una frase usata dai saltimbanchi protagonisti delle fiere di paese. Ebbene, a Firenze si sente ancora.

Continua l’attenzione della Polizia Locale ai tentativi di truffa con il gioco delle tre carte. L’ultimo intervento risale ad alcuni giorni fa.  

“Una pattuglia del Reparto Antidegrado – si legge in una nota stampa a firma m.f. – ha colto sul fatto una persona dedita a questa forma di truffa ai danni dei cittadini e in particolare dei turisti nella zona di Ponte Vecchio. L’uomo è stato sanzionato (per un totale di 260 euro); le attrezzature necessarie per la truffa (ovvero un tappetino, una pallina di carta e tre scatoline) e il denaro in suo possesso (300 dollari e 100 euro provento dell’attività illecita) sono state sequestrati. Per l’uomo è scattato anche l’ordine di allontanamento dall’area del Quadrilatero Romano per 48 ore”.

Numerose iniziative dei Comuni per l’8 marzo

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La Giornata internazionale dei diritti delle donne sarà celebrata in tutta Italia con dibattiti, mostre, incontri con le scuole.

Numerosi, inoltre, i monumenti che saranno illuminati di giallo.

L’Anci ha invitato le amministrazioni locali “a compiere un gesto simbolico per accendere i riflettori sui temi delle pari opportunità che riguardano la comunità intera illuminando con un fascio di luce gialla un monumento significativo della città come elemento visivo per dare risalto alle iniziative promosse” (nella foto il municipio di Afragola).

Sul sito dell’Anci informazioni sul programma delle iniziative organizzate per l’8 marzo da nord a sud.

A Macomer PolDay in collaborazione con Aspol

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“La Polizia Giudiziaria nei controlli stradali. L’oltraggio a pubblico ufficiale e il requisito della presenza di più persone” sarà il tema della giornata formativa gratuita che si svolgerà lunedì 25 marzo.

Relatore di prestigio il professor Ugo Terracciano, docente dell’Università Chieti e Pescara, presidente Criminologia AICIS.

Per partecipare è sufficiente registrarsi qui >> https://passlab.it/PolDayMacomer/

Appuntamento al Centro Servizi Culturali U.N.L.A – Ex Caserme Mura
Viale A. Gramsci, Macomer (NU), dalle 8.30 alle 13.30.

Rifiuti, quali sanzioni?

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Cosa rischia il cittadino che viene sorpreso ad abbandonare i rifiuti?

Con l’entra in vigore, dal 10 ottobre 2023, della Legge n. 137, che converte, con modificazioni, il Decreto legge 10 agosto 2023, n. 105, sono cambiate, tra l’altro, le regole contro l’abbandono dei rifiuti a opera del privato cittadino. Il legislatore, ritenendo di forte allarme sociale la problematica degli abbandoni dei rifiuti, è intervenuto con mano pesante per punire penalmente anche la condotta illecita commessa dal privato cittadino, con l’articolo 6 ter del Decreto legge 10 agosto 2023, n. 105 (modificato dalla Legge di conversione n. 137/2023).

In buona sostanza, si interviene modificando il comma 1 dell’articolo 255 del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Si prevede che “1. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni degli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2 e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con l’ammenda da mille euro a diecimila euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio”.

Allo stato attuale l’abbandono dei rifiuti (e il relativo deposito incontrollato), nel testo del Decreto legislativo 152/2006, è punito penalmente sia se l’illecito venga commesso da un cittadino comune, soggetto formalmente privato (articolo 255, comma 1), sia nel caso in cui il trasgressore rivesta una particolare qualifica giuridica, quale il titolare di impresa (imprenditore individuale) e/o rappresentante di un ente, rappresentante di una persona giuridica (articolo 256, comma 2).

Come trasportare correttamente le biciclette?

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A proposito dell’utilizzo dei dispositivi portabici e targa ripetitrice, quali sono le conseguenze amministrative, civili e penali per eventuali violazioni?

Le biciclette possono essere trasportate sul tetto o sul retro dell’automobile o autocaravan con dispositivi omologati e che rispettino determinati limiti di sagoma e di portata, a patto che non venga compromessa la visibilità del conducente e della targa, e che i dispositivi di illuminazione siano ben visibili.
Si può ritenere che l’utilizzo dei portabici per auto siano equiparati ai portapacchi, così come i portasci. Sono considerati accessori leggeri e amovibili, che non modificano in modo significativo la massa a vuoto del veicolo. Non costituiscono, dunque, modifica della carrozzeria e della meccanica dell’automobile e quindi non è necessario effettuare alcuna variazione nella carta di circolazione.
Il decreto del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (allora MIT) del 30 dicembre 2019 ha determinato le caratteristiche e le modalità di installazione delle strutture portasci, portabiciclette o portabagagli, applicate a sbalzo posteriormente o, per le sole strutture portabiciclette, anche anteriormente, sugli autobus da noleggio, di gran turismo e di linea, di categoria M2 ed M3. Per i veicoli M1 non sono stati emanati decreti o specifiche direttive, ma solo alcune circolari tra le quali quelle sopra citate.
Mentre il ministero si era già espresso in senso negativo quanto alla targa ripetitrice per i veicoli M1 nel caso di installazione di portabiciclette, il decreto, per i veicoli M2 e M3, ha espressamente previsto che “in caso di ostruzione anche parziale della targa, al fine di consentire l’utilizzo della struttura portabiciclette, si dispone l’impiego della targa ripetitrice di cui all’art. 100 del Codice della strada con le modalità previste per il carrello appendice”. Ha disposto, inoltre, che “la struttura posteriore e il relativo carico, se non è necessario ripetere la targa posteriore e le luci, sono da ritenersi assimilate al carico sporgente e, pertanto, dovranno essere indicate con apposito segnale di cui all’art. 164 comma 6 del Codice della strada e all’articolo 361 del Regolamento di esecuzione”. Quindi, appare chiaro che tale indicazione valga anche per i veicoli M1 e che, una volta caricate le biciclette, si debba rispettare il disposto dell’articolo 164, anche relativamente al comma 6, in quanto carico sporgente oltre la sagoma del veicolo.
Secondo le indicazioni del ministero, l’installazione dei dispositivi in esame sui veicoli classificati M1 è ritenuta non soggetta ad alcune formalità in quanto tali strutture, una volta installate, si devono intendere come facenti parte del veicolo stesso e non come un carico. In tal senso, non si ritiene applicabile l’articolo 164 se la struttura non è stata caricata, fermo restando il principio generale dell’articolo 140 del Codice della strada, la cui inosservanza, anche senza che siano applicabili sanzioni amministrative, è sufficiente a radicare la responsabilità penale e civile in caso di danni ascrivibili imprudenza e negligenza (se tali condizioni si ravvisano nell’aver circolato con la struttura aperta e non segnalata, ancorché in assenza di una specifica disposizione).

Una semplice somma algebrica
Tali conclusioni si possono adottare anche per il gancio di traino amovibile, la cui rimozione nel caso di inutilizzo non è prevista da norme positive e, anche ove fosse prevista come prescrizione riportata sulla carta di circolazione, la sua inosservanza non darebbe luogo a una specifica sanzione, salvo che la rimozione sia preordinata a evitare il parziale occultamento della targa, situazione nella quale troverebbe applicazione l’articolo 102, comma 7.
Sulle modalità di carico si precisa che questo può sporgere posteriormente fino ai 3/10 della lunghezza del veicolo stesso. Se, ad esempio, una autovettura è lunga 3,6 metri, macchina e sporgenza del carico devono avere una lunghezza totale di 4,68 metri, ovvero la parte sporgente del carico non deve superare 1,08 metri.
Per quanto concerne la larghezza, la bicicletta può sporgere al massimo di 30 cm per lato, misurando dalle luci di posizione anteriori o posteriori, ma deve essere sempre garantita la visibilità delle medesime luci. Quindi se, ad esempio, l’autovettura è larga 180 cm, la larghezza massima è di 180+30+30 = 240 cm.
Nel caso in cui un portabici sia stato montato sul tetto, si ricorda che l’altezza massima consentita dal Codice della strada per qualsiasi autoveicolo è di 4 metri senza possibilità di alcuna tolleranza.
Qualora non siano rispettate tali disposizioni, il responsabile va a incorrere nella sanzione di cui all’art. 61 del Codice della strada per superamento dei limiti di sagoma.

Portabici senza… bici
È consentito circolare con il portabici non caricato in quanto non esistono disposizioni normative o ministeriali che lo impediscano. Non esistendo direttive del ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e della Direzione generale per la motorizzazione, dovrebbe valere la prassi che consente la circolazione con il portabici montato, ancorché non utilizzato.
La circolare Prot. n. 1906/4120 del 6 maggio 1999, già citata, ha ribadito che portabiciclette e portasci, trattandosi di accessori leggeri e amovibili, possono essere applicati sulle autovetture e autocaravan senza incorrere nella violazione dell’articolo 78 del Codice della strada e pertanto – come già evidenziato – non è necessario procedere alla loro annotazione sulla carta di circolazione del veicolo.
Non è ammessa, ovviamente, la copertura della targa. Trattandosi pur sempre di sistemazione del carico, deve avvenire nel rispetto dell’articolo 164, nella parte in cui prescrive che il carico dei veicoli deve essere sistemato in modo“da evitare la caduta o la dispersione dello stesso; da non diminuire la visibilità al conducente né impedirgli la libertà dei movimenti nella guida; da non compromettere la stabilità del veicolo; da non mascherare dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva né le targhe di riconoscimento e i segnali fatti col braccio”.
Sullo stesso piano interpretativo si era posto il ministero nella circolare del 1998 già citata, disponendo che incombe sul conducente la corretta sistemazione del carico, ai sensi dell’art. 164 del Codice della strada. In particolare, raccomanda l’esigenza di assicurare la completa visibilità dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva, e della targa. La targa ripetitrice è, invece, ammessa nel caso di agganciamento di rimorchi, compresi i carrelli appendice.
La maggior parte dei modelli commercializzati in Italia è realizzata in modo da non occultare le targhe e i dispositivi di illuminazione dei veicoli. Ne esistono, tuttavia, alcuni che non rispettano la disposizione. Per questo le case costruttrici vendono strutture per la collocazione della targa, con luci supplementari che, a parere di chi scrive, non sono utilizzabili in Italia, almeno secondo le norme vigenti e salvo un diverso indirizzo ministeriale. Si conferma, pertanto, quanto riportato dall’art. 100 comma 4 del Codice della strada, che prevede la possibilità di utilizzare la targa ripetitrice “esclusivamente nel caso di carrelli appendice”, anche se parte della dottrina sostiene che se le strutture portabici hanno avuto l’omologazione del “vano targa”, sia possibile staccare la targa dal veicolo per collocarla in tale “vano” per consentire la visibilità della stessa.
Tale ultima ipotesi lascia, comunque, alquanto perplessi circa la fattibilità e la legittimità operativa.
Quindi, secondo le indicazioni ministeriali, i portabiciclette sono consentiti e di conseguenza pare ovvio che il trasporto dei velocipedi su tali strutture sia da ritenersi consentito, in deroga all’articolo 164 del Codice della strada circa le sporgenze che, si ricorda, sarebbero consentite solo per cose indivisibili, mentre è evidente che un carico di più biciclette costituisca carico divisibile.
Luci e targa ben visibili
Oltre al rispetto delle prescrizioni sulla sistemazione del carico di cui all’articolo 164 del Codice della strada (vedi box “Corretta installazione), il conducente del veicolo dovrà assicurare la completa visibilità dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva, nonché della targa. La superficie esterna delle strutture non deve presentare parti orientate verso l’esterno suscettibili di agganciare pedoni, ciclisti o motociclisti (si veda la circolare del ministero dei Trasporti e della navigazione prot. n. 2522/4332 sopra citata). Il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti con nota prot. n. 5887 – 5990 DIV 3 B del 3 marzo 2016 ha precisato: “In merito a quanto rappresentato circa l’installazione di portabiciclette a sbalzo si conferma che tale operazione è consentita nel rispetto delle circolari ministeriali del 21 novembre 1998 e del 6 maggio 1999. In particolare, devono essere soddisfatte le condizioni di una corretta installazione delle strutture di sostegno della bicicletta e il mantenimento della visibilità dei dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva a luce propria e riflessa nonché la visibilità della targa. Si conferma, altresì, quanto riportato dall’art. 100 comma 4 del Codice della strada che prevede la possibilità di utilizzare la targa ripetitrice esclusivamente nel caso di carrelli appendice”.

Quali sanzioni
Da un punto di vista amministrativo la violazione di una qualsiasi delle prescrizioni comporta una sanzione amministrativa nella forbice di un minimo di 85 euro a un massimo di 338 euro, nonché il ritiro immediato della carta di circolazione e della patente di guida che deve essere annotata nel verbale di contestazione (art. 164 del Codice della strada). Se il carico può essere sistemato al momento, l’accertatore provvede alla restituzione dei documenti, annotando il tutto sul verbale di contestazione. Se, invece, dovesse essere necessario spostare il veicolo per provvedere alla sistemazione del carico, il conducente deve richiedere la restituzione dei documenti ritirati al Comando da cui dipende l’organo accertatore. Come conseguenza della violazione delle prescrizioni relative alla sistemazione dei carichi sporgenti è, inoltre, prevista la decurtazione di 3 punti dalla patente di guida. Qualora la struttura apposta non rendesse visibile la targa del veicolo, troverebbero applicazione anche la sanzione prevista dall’art. 100 del Codice della strada.

Danni in materia civile
Dal punto di vista civilistico in materia di danno derivante dalla perdita del carico o di accessori da un veicolo nell’ambito della circolazione stradale, va precisato come l’orientamento giurisprudenziale maggioritario si è mostrato incline a riconoscere, a carico di un soggetto, la risarcibilità del danno stesso (essenzialmente) ai sensi dell’art. 2043 in combinato all’art. 2053 del Codice civile, ove dipeso anche da un “pericolo occulto” (insidia o trabocchetto). Per molti anni l’orientamento predominante della giurisprudenza è rimasto ancorato ai concetti di “insidia e trabocchetto” in rapporto all’art. 2043 del Codice civile, quale figura sintomatica dell’attività colposa, ricorrente in presenza di due presupposti congiunti: l’elemento oggettivo della non visibilità del pericolo e l’elemento soggettivo della non prevedibilità dello stesso, secondo le regole della comune diligenza. Pertanto, appare evidente come la perdita improvvisa o non di un portabiciclette, della bicicletta o di entrambi sulla strada, possano creare una situazione di “insidia” per la circolazione e determinare un evento incidentale con un “nesso eziologico” diretto tra la causa e l’incidente stesso, con eventuale obbligo di risarcimento a carico del responsabile. Ad esempio, a seguito della perdita su strada del portabiciclette un’autovettura sbanda e finisce fuori strada, con danni alla medesima e al conducente.

Se la responsabilità è penale
Passando dal punto di vista civilistico a quello penalistico, se rapportiamo la condizione suesposta con quanto espressamente previsto anche dalla legge n. 41/2016 – che ha stabilito con l’art. 589 bis in materia di “omicidio stradale” che “chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni” – può essere interessante far notare come la formula “violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale”, fatta propria dalla predetta disposizione codicistica, sia altresì presente nell’art. 590-bis c.p. relativamente al reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime: “Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime”. Ovviamente ai fini del riconoscimento di una eventuale responsabilità penale deve sussistere la medesima condizione di “nesso eziologico” tra la perdita del carico e il sinistro stradale richiamata precedentemente per la responsabilità civile.