Pulizie di primavera, a cosa stare attenti?

Quali sono i punti di interesse per gli addetti ai controlli in relazione alla gestione degli sfalci e delle potature derivanti da parchi e giardini pubblici e privati?

Con l’arrivo ormai imminente della bella stagione si presentano, puntuali come sempre, i problemi legati alla gestione dei residui vegetali prodotti dalle attività di manutenzione dei parchi e dei giardini sia pubblici che privati. Argomento tutt’altro che semplice da analizzare, più volte modificato dal nostro legislatore.
Con la pubblicazione del D.lgs. 116 del 3 settembre 2020, è entrata definitivamente in vigore la cosiddetta “Circular Economy”. Il provvedimento ha dato attuazione alle direttive europee 2018/851 e 2018/852, che hanno modificato le direttive 2008/98/CE relativa ai rifiuti e 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio 20G00135. Dall’analisi delle disposizioni ritoccate o introdotte ex novo, si distingue, per l’importante ricaduta sui controlli e in generale sulla gestione dei rifiuti da parte dei Comuni, la rimodulata questione riguardante anche sfalci e potature dei giardini pubblici. La modifica normativa, di fatto, sancisce l’impossibilità di trattare i residui della lavorazione del verde pubblico in deroga dal Codice dell’ambiente, considerandoli a tutti gli effetti rifiuti.

Combustione controllata dei residui vegetali agricoli
Alla luce della normativa vigente, a partire dal 26 settembre 2020, non costituiscono rifiuti soltanto quelli (sfalci e potature) agricoli e che derivano da buone pratiche colturali, costituiti da paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso, sempreché siano riutilizzati in agricoltura e in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi. La norma precisa, quindi, che l’impiego dei materiali deve avvenire in processi che non arrecano danno all’ambiente o mettono in pericolo la salute umana.
La combustione dei materiali vegetali è regolamentata dal Decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152 (“Codice Ambiente”), che ne rende possibile la pratica solo a determinate condizioni e nel rispetto di precise quantità. L’art. 182 comma 6-bis del D.lgs. 152/2006, sancisce infatti che: “Le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili”.
A tal proposito, si ritiene utile evidenziare che pacificamente in giurisprudenza è sostenuto che “In tema di gestione dei rifiuti, l’incenerimento di residui vegetali effettuato nel luogo di produzione al di fuori delle condizioni previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali non pericolosi di cui all’art. 256, comma primo, lett. a), D.lgs. 3 aprile 2006 n. 152”.

Sfalci e potature come sottoprodotti
Laddove non ricorrano le condizioni previste per l’applicazione dell’esclusione di cui all’articolo 185, ad esempio in considerazione dell’impiego dei materiali indicati in processi diversi da quelli elencati, potrebbe essere possibile qualificare comunque il residuo come sottoprodotto, dimostrando, però, la sussistenza delle condizioni previste dall’articolo 184-bis del Decreto legislativo n.152/2006, vale a dire che:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;        

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.


Bisogna ammettere che il nuovo assetto normativo ha sollevato diversi dubbi interpretativi circa la possibilità di reimpiegare gli sfalci e le potature secondo i principi dell’economia circolare prima di trattarli come rifiuti.
Le Regioni Lombardia e Marche, con due distinte note ufficiali pubblicate, hanno voluto fornire chiarimenti in relazione alle modalità d’impiego di sfalci e ramaglie quando prodotti dall’attività di un agricoltore-florovivaista o da un florovivaista non agricoltore/manutentore del verde.
Riteniamo doveroso riportare le seguenti linee guida, così come emergono dalle citate note regionali:

  • quando il soggetto che effettua l’attività di cura del verde è un agricoltore-florovivaista che raccoglie i residui di lavorazione (come sfalci d’erba e ramaglie) e li riutilizza presso la propria azienda nel ciclo agricolo o per la produzione di biogas, l’attività non viene considerata come una produzione di rifiuto ma come la gestione di materia nello stesso ciclo produttivo;
  • quando il soggetto che effettua l’attività di cura del verde è un florovivaista non agricoltore che raccoglie i residui di lavorazione e li riutilizza presso la propria azienda solo come ammendanti, secondo le condizioni fissate dal D.lgs. n. 75 del 2010 in materia di fertilizzanti che, all’allegato II prevede, ad esempio, l’impiego del compostato per la produzione di ammendanti verdi o misti. l’attività non viene considerata come produzione di rifiuto ma come la gestione di materia nello stesso ciclo produttivo;
  • se il soggetto che effettua l’attività di cura del verde porta i residui di lavorazione a un agricoltore terzo che li inserisce nel ciclo agronomico per la produzione di biogas o per la produzione di materia che usa nella sua attività agricola chiudendo il ciclo del sottoprodotto, il materiale, non configurandosi in partenza come rifiuto, non soggiace alla gestione rifiuti (iscrizione al registro, uso del formulario) ma rientra nella gestione di un sottoprodotto. Il documento di trasporto è il DDS accompagnato dal contratto che identifichi il destinatario e indichi il corretto trattamento (compostaggio) e/o l’utilizzo agronomico;
  • l’imprenditore artigiano può destinare sfalci e potature alla produzione di energia, secondo le disposizioni di cui al Decreto ministeriale 13 ottobre 2016, n. 264, “Regolamento recante criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”.

In sostanza, i residui di lavorazione del verde pubblico o privato possono essere destinati a un utilizzo agricolo purché vi sia adeguata tracciabilità tra il punto di produzione (cioè il punto in cui si svolge il processo produttivo primario da cui si originano i residui della produzione) e il luogo di destinazione nel quale si realizzi un reale utilizzo agronomicamente corretto e riconducibile a una buona pratica agricola. Non sono previsti adempimenti amministrativi per l’imprenditore agricolo che produce “non rifiuti”.

Sfalci e potature come rifiuti urbani e speciali
Alla luce del quadro normativo attuale, gli sfalci e le potature derivanti dalla manutenzione del verde pubblico dei Comuni e dei privati non rientrano più tra le esclusioni previste dall’art. 185. Restano esclusi da tale disciplina solo gli sfalci e le potature derivanti dall’attività propriamente agricola nell’ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura. Qualora non ricorrano le condizioni previste dal 184-bis, essi devono essere gestiti come rifiuti.Se è pacifico definire in modo generale rifiuti i residui vegetali derivanti dalla cura del verde dei giardini pubblici e privati, non è altrettanto semplice procedere alla loro corretta classificazione. Vediamo pertanto come bisogna agire nei diversi casi a seconda dell’attività di provenienza.

>> A. Rifiuti di aree verdi pubbliche (urbani): in base all’art. 183 co. 1 lettera b-ter) punto 5), rientrano in questa classificazione i soli rifiuti derivanti dalla manutenzione del verde pubblico, come anche ribadito dal MiTE con la circolare 51657/2021. Per il trasporto, se non effettuato direttamente dal Comune, è necessaria l’iscrizione nella categoria 1 dell’Albo Gestori Ambientali. A tal proposito, il comitato dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, con la circolare n. 1 del 14 febbraio 2023, ha voluto chiarire che, qualora l’attività di raccolta e trasporto di tali rifiuti, benché classificati come urbani, sia effettuata dallo stesso soggetto che ha l’appalto o la concessione per la manutenzione del verde, lo stesso è da considerarsi come produttore iniziale del rifiuto e pertanto potrà iscriversi in categoria 2-bis ai sensi dell’art. 212 comma 8 del D.lgs. 152/06. Tali rifiuti devono essere conferiti esclusivamente ad impianti autorizzati.

>> B. Rifiuti di aree verdi private (urbani): sono i rifiuti prodotti da privati cittadini nell’ambito di attività fai da te possono essere conferiti agli impianti pubblici (isole ecologiche e cc.) il trasporto da parte del privato cittadino è esente dall’obbligo di iscrizione all’Albo N.G. A. ed avviene senza formulario;

>> C. Rifiuti di aree verdi private (speciali): sono i residui vegetali prodotti a seguito di intervento manutentivo effettuato da giardiniere (un’impresa in attività artigianale). Per il trasporto di tale tipologia di rifiuti è necessaria l’iscrizione nella cat. 2-bis dell’Albo Gestori Ambientali (art. 212 co. 8) se l’impresa non è già iscritta nelle categorie 4 o 5. Conseguentemente alla non possibilità di classificazione come rifiuti urbani, il conferimento ai centri di raccolta comunali non è più possibile. In ogni caso rimane la possibilità, anche se classificati come speciali, di procedere tramite apposite convenzioni col gestore locale. Il trasporto presso impianti autorizzati dovrà avvenire mediante l’utilizzo del formulario.

Indipendentemente dalla loro classificazione come urbani o speciali, è possibile utilizzare il codice CER 20 02 01 per tutti i residui vegetali derivanti dalla cura di parchi e giardini non risultando utile nessuno degli altri codici previsti per i rifiuti speciali, tale assunto è pacificamente riscontrabile nella suddetta circolare MiTE.

Violazioni e sanzioni

Sono molteplici le sanzioni che potrebbero contraddistinguere le diverse violazioni in ambito alla gestione irregolare dei rifiuti vegetali provenienti dalla cura del verde sia di privati sia pubblici. Per ragioni espositive nel prontuario che segue “Gestione Rifiuti da sfalci e potature” indichiamo le principali casistiche che impegnano maggiormente gli organi di controllo.

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