Segnale sì, segnale no

Apposizione di segnaletica priva di ordinanza istitutiva, facciamo chiarezza.

Il D.lgs. n. 285/1992 stabilisce le facoltà e i limiti dell’ente proprietario della strada nel regolamentare la circolazione stradale. I provvedimenti per la regolamentazione della circolazione, in particolare, sono emessi dagli enti proprietari attraverso gli organi competenti a norma degli articoli 6 e 7, con ordinanze motivate e rese note al pubblico mediante i prescritti segnali (articolo 5, comma 3, Codice della strada).

Nei centri abitati i Comuni, con ordinanza del sindaco, possono stabilire obblighi, divieti e limitazioni per ciascuna strada o tratto di essa, o per determinate categorie di utenti, in relazione alle esigenze della circolazione o alle caratteristiche strutturali delle strade (articolo 6, comma 4 lettera b) cui rinvia l’articolo 7, comma 1, lettera a) del Codice della strada.

Oltre alla specifica normativa del Cds, l’ente proprietario deve sempre rispettare i principi generali che governano tutta l’attività amministrativa. In particolare, i principi di pubblicità e trasparenza indicati nell’articolo 1 della legge 241/90 e i principi dell’ordinamento comunitario, anch’essi richiamati espressamente dall’articolo 1 della legge 241/90, tra i quali quelli di parità di trattamento e proporzionalità.

Per regolamentare la circolazione stradale, gli enti proprietari devono indicare i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che giustificano l’emanazione delle ordinanze (articolo 6 e Cds) in relazione alle risultanze dell’istruttoria, mettendo in evidenza il nesso causale che deve intercorrere tra le esigenze di carattere generale (previste dagli articoli 6 e 7) e il provvedimento in concreto adottato.

MOTIVAZIONI GENERICHE

Si è avuto modo di accertare che gli enti proprietari delle strade spesso motivano le ordinanze attraverso il generico richiamo alle “esigenze della circolazione” oppure alle “caratteristiche delle strade”. Tali indicazioni, anche alla luce delle disposizioni normative richiamate, non integrano la motivazione dell’ordinanza, bensì costituiscono una mera riproposizione di quanto enunciato nell’articolo 6 del Codice della strada.

Analogamente, non è sufficiente richiamare sic et simpliciter esigenze di “sicurezza” stradale o delle persone, ovvero esigenze di “fluidità della circolazione”, in quanto si tratta di principi e obiettivi previsti dall’articolo 1 del Codice della strada cui ogni ordinanza di regolamentazione della circolazione deve ispirarsi.

Viceversa, l’articolo 5 comma 3 del Cds, attraverso l’espressione “ordinanze motivate”, richiede che l’ente proprietario comprovi la sussistenza delle esigenze e dei presupposti (già previsti a livello normativo) attraverso documenti o analisi tecniche, che attestino e confermino indiscutibilmente la sussistenza delle ragioni alla base del provvedimento adottato. In mancanza, l’ordinanza di regolamentazione della circolazione potrebbe risultare illegittima per violazione di legge o eccesso di potere, riscontrandosi quantomeno un difetto di motivazione o di istruttoria.

CORRETTA PUBBLICITÀ

L’articolo 5, comma 3 del Cds stabilisce, inoltre, che le ordinanze di regolamentazione della circolazione devono essere “rese note al pubblico” mediante i prescritti segnali. A tal riguardo, sempre al fine di provvedere a un’adeguata informazione agli utenti della strada, si ricorda che l’articolo 32 della legge 69/2009 prevede che gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei siti informatici delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati.

Le ordinanze hanno essenzialmente lo scopo di legittimare la collocazione dei segnali e fissare i termini di decorrenza del provvedimento connesso, anche in funzione dell’articolo 37 del citato Codice che, al comma 3, prevede il ricorso contro i provvedimenti e le ordinanze che dispongono o autorizzano la collocazione di segnaletica entro un termine che decorre proprio dal provvedimento ovvero dalla collocazione della segnaletica.

Pur non costituendo la eventuale mancata apposizione degli estremi dell’ordinanza un presupposto idoneo a rendere la prescrizione inefficace, si è dell’avviso che l’esatto adempimento della norma sia un preciso dovere delle amministrazioni proprietarie di strade, anche al fine di evitare un inutile contenzioso, caso che si verifica con frequenza e che costituisce un indubbio spreco di tempo e di risorse delle Amministrazioni e degli enti pubblici obbligati.

Alla luce di quanto sopra, si può affermare come la segnaletica prescrittiva, oltre che essere inquadrabile formalmente come un manufatto, sotto il profilo giuridico non è altro che la manifestazione esterna dei contenuti sostanziali prescrittivi presenti nell’atto amministrativo – l’ordinanza – che ne giustificano e legittimano la sua apposizione. L’emanazione di un’Ordinanza di regolamentazione della circolazione stradale, difatti, se non è seguita dall’apposizione della segnaletica prevista, non potrà produrre alcun effetto e nessun obbligo da parte degli utenti della strada.

Appare chiaro, pertanto, come la medesima situazione di inefficacia giuridica si verificherebbe con la presenza della sola segnaletica in assenza dell’ordinanza istitutiva. Tale condizione comporta sicuramente effetti giuridici amministrativi, nella fattispecie l’annullamento della eventuale sanzione amministrativa comminata all’utente della strada in quanto andrebbe a prodursi una condizione contra legem, per illegittimità evidente della procedura sanzionatoria.

LA GIUSTA PROCEDURA

Ogni segnale prescrittivo deve, pertanto, essere sorretto da una preventiva ordinanza adottata, di norma in quanto provvedimento avente natura tecnica, dal vertice della struttura burocratica incaricata, con la conseguenza che:

  1. se manca l’ordinanza, ma è presente il segnale, non possono essere applicate sanzioni amministrative;
  2. l’osservanza del comportamento imposto dal segnale può comportare responsabilità penale a carico dell’ente proprietario, qualora la segnaletica apposta non prevista da apposito provvedimento amministrativo istitutivo ovvero non conforme al Regolamento del Codice della strada laddove determini l’integrazione, per esempio, del reato di lesioni colpose di cui agli articoli 590 e 590-bis c.p. o all’articolo 589-bis c.p., qualora acquisisca natura di insidia stradale;
  3.  se c’è l’ordinanza, ma manca il segnale, la pubblica amministrazione non può esigere il rispetto di alcun comportamento;
  4.  nessuna conseguenza comporta poi la mancanza sul retro dei segnali stradali apposti su strada della indicazione della ordinanza di adozione del divieto stesso (articolo 77 regolamento di esecuzione). Sul punto si è espresso più volte il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e anche la giurisprudenza di legittimità appare costante nel senso indicato.

Sul punto 2, è rinvenibile nella sentenza della Corte di Cassazione penale n. 23152/2012, favorevole a ritenere configurabile la predetta aggravante “non solo quando la violazione della normativa di riferimento è commessa da un utente della strada alla guida di un veicolo e nella fase della circolazione, bensì anche nel caso di violazione di qualsiasi norma che prevede a carico di un soggetto – pur non impegnato in concreto nella fase della ‘circolazione’ – un obbligo di garanzia finalizzato alla tutela della sicurezza degli utenti della strada”.

Può ora osservarsi che riferimenti espliciti al succitato “obbligo di garanzia” traspaiono dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione penale in termini di riconducibilità dello stesso non solo all’ente proprietario della strada ma, altresì, all’appaltatore di lavori di manutenzione della strada medesima.

Da ciò si deduce che in assenza dell’Ordinanza istitutiva della segnaletica apposta, non essendo riconducibile la responsabilità al firmatario della stessa, sarà responsabile il soggetto che ha appaltato i lavori di apposizione della medesima segnaletica con l’aggravante di aver commissionato l’appalto senza la documentazione necessaria (delibera o ordinanza comunale, determina dirigenziale ecc.).

A cura di Fabio Dimita
Funzionario direttivo MIT e collaboratore di PolMagazine

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